La Piccola Bicicletta Rossa di Kurosawa.

La Piccola Bicicletta Rossa di Kurosawa.

La mia prima bicicletta era rossa, rigorosamente rossa. Aveva i pedali a scatto fisso, perciò, in discesa,  dovevo allargare le piccole gambe e -rallentando- aspettare di poter rimettere i piedi sui pedali, riprendendo il controllo del mezzo.
Le discese attorno casa non mancavano. Non abitavo più né in Alto Adige, né a Legnago, bensì a Macerata. A soli 4 anni, già avevo cambiato tre regioni. E la mia famiglia stava per spostarsi verso Bologna. Guglielmo giocava con me, più degli altri miei fratelli, benché fosse molto più grande di me. Prima di partire dalle Marche, con degli stratagemmi mi insegnò ad andare sulla mia piccola bicicletta fiammante. Era una bicicletta acquistata in Veneto.

Macerata: molte salite e discese. Bologna: tanta pianura, tanti portici.
La rossa biciclettina venne presto venduta: ormai troppo piccola per il bimbo cresciuto. Mi dispiacque, silenziosamente: stava con me da più di due anni e aveva fatto il trasloco con noi, daLegnago a Macerata, poi a Bologna. E -morbidamente- mia madre rese non grave la separazione. Pensavo di tenerla per sempre: anzi, nella mia mente non c’era neanche lo spazio per il pensiero dell’allontanarmi dalla mia rossa amica. Neppure l’ombra di ciò.  Fu comunque una buona lezione di non-attaccamento, in una collana in cui avevano -di già- trovato posto altri oggetti e anche diverse persone: un parente, un amico, una ragazza molto più grande di me, che avevo scelto unilateralmente come fidanzata. Ballavamo insieme: io in braccio a lei. Una grande tenerezza da parte sua per me, che avevo diciotto  anni meno di lei!
Partire da Macerata fu come uscire da una nuvola, i cui contorni sanno di sogno. Andare a Bologna, significò altra dimensione, stranamente solare e luminosa, considerando la nebbia che per anni ci avvolse, ma non subito ci accolse.

Andai a venderla assieme a mia madre, in via Mazzini, vicino alla chiesa degli Alemanni. Ricordo che -in qualche modo- la salutai. Chissà se un altro bimbo (o più d’uno) ha saputo viverla come essere radiante, capace di complicità e conquiste comuni al corpicino e all’anima del bimbetto fruitore? Per riaverne un’altra, dovetti aspettare una decina d’anni, ereditando dall’altro mio fratello Antonio, una ambita due ruote da corsa: gialla. In mezzo a tutti quegli anni, ricordo la vecchia, pesante bicicletta della nonna  e dei cugini del Veneto: grandi pedalate, da solo o con amici, alle pendici del monte Grappa. Mi sentivo scalatore. E la bicicletta era un amato mezzo di spostamento.

Oggi, a Bologna, la bicicletta è di moda. E’ molto utilizzata e diffusa.
Io, invece, da vari decenni non ho più una bicicletta e cammino a piedi, avendo litigato con l’automobile, già da molti anni. Non mi piace litigare con le persone: preferisco gli oggetti, le catene, le manette, le abitudini, gli addormentamenti.

Ho da poco scoperto che anche Guido Catalano, incontrato una sola volta a Napoli, assieme a Freak Anthony e Alessandra Mostacci dopo una loro performance alla FNAC, era solito circolare in bicicletta per le vie di Torino. Era solito, poiché un giorno venne derubato, come accade a molti.

Accade a Torino, come a Bologna e Verona, ma certamente anche altrove. E’ capitato anche a me (che bimbo più non sono), in modo particolare, davvero particolare. Infatti, l’avevo prestata ad una mia amica e collaboratrice, dotata di una caratteristica che ritenevo potesse essere svanita nel tempo: capiva tutto a modo suo. Anche quella volta, deve aver capito che gliela regalavo. Fatto sta che l’ha abbandonata nel cortile di un’amica, con cui successivamente litigò. Non vide più l’amica, né io la bicicletta. Dopo qualche tempo, sparì anche lei, che intanto aveva capito altri fischi per altri fiaschi, che poi accalappiava e faceva ruotare sui sentieri dei suoi neuroni. Faceva sempre i suoi sogni, come Kurosawa. Ben altra faccenda, però….

 

Alois Walden Grassani

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