Dune di sabbia

Mi è sempre piaciuto il deserto.

Ci si siede su una duna di sabbia.

Non si vede nulla.

Non si sente nulla.

E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio.


Antoine de Saint-Exupery

Le dune di sabbia del Great Sand National Park in Colorado, Stati Uniti, non sono solo un luogo di contemplazione e di scoperta della natura, nelle sue forme più estreme, ma anche una sorta di parco giochi naturale, dove si viene anche per giocare, scendendo dalle dune.

Siamo vicino a Mosca, in Colorado, dove l’area occupata da questo deserto, che ha la veneranda età di 444.000 anni, è abbastanza piccola, circa 77 chilometri quadrati. Deserto piccolo e insidioso, il pericolo maggiore che si corre in questo luogo deriva dalle alte temperature raggiunte durante l’estate americana (fino a 60 gradi). La sabbia del Rio Grande viene trasportata dai venti prevalenti fino alla vicina catena montuosa (Sangre de Cristo Range); qui si deposita, non riuscendo il vento a trasportarla oltre le cime dei monti, creando quadri naturali sempre in movimento.

Keith Ladzinski - Duna di sabbia al tramonto, Parco Nazionale e riserva delle Great Sand Dunes, Colorado

Keith Ladzinski, fotografo e reporter americano, è l’artista che ha immortalato uno dei mille volti di questo deserto. Nato a New York, cresciuto in Colorado, l’amore per la fotografia di Keith è iniziato dopo l’acquisto di una macchina fotografica battuta all’asta da un banco dei pegni. Una passione costruita pattinando da un luogo all’altro con gli amici, sconfinando, fotografando le foto nel cuore della notte. In montagna, cercando pazientemente la luce naturale e la composizione premurosa.

“Lavorare come fotografo è molto più che fotografare, è uno stile di vita coinvolgente che ti porta faccia a faccia con culture eclettiche e luoghi selvaggi in tutto il mondo.

È uno sforzo di squadra, che si tratti di una spedizione in una remota ed estrema parte del mondo, o di una campagna pubblicitaria in una città urbana. Una buona squadra è la pietra miliare di ciò che rende possibili gli scatti.”

A cura di Ester Giamberini

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