“Ho conosciuto Salvador Dalì, senza averlo mai incontrato, ma come se io fossi uno della sua ristretta cerchia: con Dalì accadeva anche questo. Frequentavo una famiglia di Bologna: il padre avvocato ed i figli ancora tutti studenti. Le loro origini marine ed isolane erano semplici e gradevoli. Ma le conoscenze dell’avvocato (lo chiamerò con il suo nome, Vincenzo) si ampliarono grandiosamente nell’Arte. A Bologna, aprì una galleria artistica: divenne molto popolare. Così, ebbi modo di vedere (anche in casa di Enzo) tele ed opere importanti: De Chirico (il mio preferito), Fontana, Guttuso, De Vita, Ceroli, Pozzati. Di conseguenza, assieme ai figli di Vincenzo, potemmo respirare i tratti di Pulga, Klimt, Paul Klee, il gentile Pirro Cuniberti, Enrico Baj, ma anche ed esattamente, inevitabilmente, Salvador Dalì. In più, poco tempo dopo, frequentai Fiore Bertieri che sarebbe diventata mia maestra di alimentazione, di shiatsu, pranoterapia. Con lei tradussi un libro di yoga: era di un suo maestro, Dr.Mishra. Scoprii in breve che Fiore era stata anche allieva e modella di Dalì. E così mi raccontava gustosi episodi di questo personaggio particolarissimo ed unico. A domanda del perché portasse quei curiosi baffi, rispondeva pronto: “Sono antenne che captano le radiazioni del Cosmo”. Così, naturalmente, in modo lieve e continuo, ero a contatto diretto con un’allieva di Salvador Dalì e –indirettamente, ma non troppo- del maestro stesso”. (Questo virgolettato corsivo è tratto da un ricordo di Alois Walden Grassani – n.d.R.).
Negli anni successivi il sodalizio artistico e intellettuale di Dalì con Lorca e Buñuel produrrà lavori di scenografia teatrale e cinematografica, come i due celebri film “Un chien andalou” e “L’âge d’or”. Come detto, moda, scultura e fotografia lo vedranno campeggiare.