Salvador Dalì

SALVADOR DALÌ

"Sono in uno stato di erezione intellettuale permanente."

Nasceva l’11 maggio 1904 a Figueres. Padre del surrealismo, Salvador Dalì, poliedrico e geniale, è uno dei più grandi artisti del XX Secolo. Non lo è anche del XXI Secolo, solo per motivi temporali. Ma certamente rimane presente e capace faro del terzo Millennio.

Incomincia ben presto la sua carriera artistica: scopre la pittura moderna nel 1919, durante una vacanza a Cadaqués con la famiglia di Ramon Pichot, un artista locale che faceva regolarmente dei viaggi a Parigi. L’anno seguente, incoraggiato da suo padre, espone vari suoi disegni a carboncino, in una mostra organizzata nella residenza di famiglia.

Nella Parigi degli anni Venti, entra ed esce dai club giusti dell’avanguardia: primo fra tutti, quello dei surrealisti. Lo diventa anche lui, ma fino a un certo punto. André Breton finirà per considerarlo un “eretico”, perché Salvador sviluppa presto la propria etichetta artistica: si definisce “perverso e paranoico”. Le sue opere tradiscono ossessioni, estasi, deliri, ma sempre in una altissima cifra stilistica e tecnica, caratterizzata –oltre che da una percezione unica della fonte Cosmica- da una fantastica corposità e morbidezza. 

Influenza non solo la pittura, ma la fotografia, la moda, il design, la pubblicità e quell’arte ancora giovane che si chiama cinema. Soggiornando a Parigi, ha modo di incontrare Pablo Picasso: da quell’incontro Dalì maturerà una cifra particolarissima, lasciandosi timbrare dallo stile futurista, dal cubismo e dalle opere di Giorgio De Chirico.

Ho conosciuto Salvador Dalì, senza averlo mai incontrato, ma come se io fossi uno della sua ristretta cerchia: con Dalì accadeva anche questo. Frequentavo una famiglia di Bologna: il padre avvocato ed i figli ancora tutti studenti. Le loro origini marine ed isolane erano semplici e gradevoli. Ma le conoscenze dell’avvocato (lo chiamerò con il suo nome, Vincenzo) si ampliarono grandiosamente nell’Arte. A Bologna, aprì una galleria artistica: divenne molto popolare. Così, ebbi modo di vedere (anche in casa di Enzo) tele ed opere importanti: De Chirico (il mio preferito), Fontana, Guttuso, De Vita, Ceroli, Pozzati. Di conseguenza, assieme ai figli di Vincenzo, potemmo respirare i tratti di Pulga, Klimt, Paul Klee, il gentile Pirro Cuniberti, Enrico Baj, ma anche ed esattamente, inevitabilmente, Salvador Dalì. In più, poco tempo dopo, frequentai Fiore Bertieri che sarebbe diventata mia maestra di alimentazione, di shiatsu, pranoterapia. Con lei tradussi un libro di yoga: era di un suo maestro, Dr.Mishra. Scoprii in breve che Fiore era stata anche allieva e modella di Dalì. E così mi raccontava gustosi episodi di questo personaggio particolarissimo ed unico. A domanda del perché portasse quei curiosi baffi, rispondeva pronto: “Sono antenne che captano le radiazioni del Cosmo”. Così, naturalmente, in modo lieve e continuo, ero a contatto diretto con un’allieva di Salvador Dalì e –indirettamente, ma non troppo- del maestro stesso”. (Questo virgolettato corsivo è tratto da un ricordo di Alois Walden Grassani – n.d.R.).

Negli anni successivi il sodalizio artistico e intellettuale di Dalì con Lorca e Buñuel produrrà lavori di scenografia teatrale e cinematografica, come i due celebri film “Un chien andalou” e “L’âge d’or”. Come detto, moda, scultura e fotografia lo vedranno campeggiare.

Ma la vera eredità che l’artista riceve dal surrealismo si chiama Elena Dmitrievna D’jakonova, detta Gala, l’unica compagna, il vero scopo di vita, a parte l’arte.

Si incontrano a Cadaqués nel 1929, quando lei è ancora la moglie del maestro surrealista Paul Éluard: non si lasceranno più. Gala diventa la musa, madre, amante, la madonna delle sue opere. Per lei, in un delirio da Amor Cortese, nel 1968 comprerà il castello medievale di Púbol, dove lui potrà accedere solo su invito scritto della dama. Nel maniero, Gala si spegnerà nel 1982, lasciando il suo cavaliere in uno stato non invidiabile: senza una ragione sentita, per andare avanti.

La gelosia degli altri pittori è stata sempre il termometro del mio successo”. Un successo, che fu effettivamente travolgente. Veniamo periodicamente a conoscenza di vari figli artistici di Dalì. Moltissimi i figliastri, che imbrattano quotidianamente la vita e che non meritano menzione, né gratuita pubblicità.

Tutti noi abbiamo in mente i paesaggi onirici di Salvador Dalì e le sue fantasiose figure, ma alcune sue opere lo hanno reso immortale. Ed alcune di esse ricompaiono improvvise, cicliche e Nuove, dal Cosmo, richiamando perentoriamente la nostra attenzione.
La sensazione non peregrina è che –al di là del ricordo di queste righe- dovremo presto ritornare su questo grande personaggio artistico e psichico.

A cura di Giamberini e Walden

Il grande masturbatore, 1929
Cigni che riflettono elefanti, 1937
Il divano - labbra di Mae West, 1935
Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio, 1944
Premonizione di guerra civile, 1936
Cristo di San Juan De la Cruz, 1951
La persistenza della memoria, 1931
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