Non ha mai smesso di lottare contro le «vaccinazioni obbligatorie» (Legge n. 51 del 4 febbraio 1966) sino al 2017, quando, da tempo malato, si è spento. In Veneto, l’obbligo vaccinale antipolio è stato cancellato nel 2008, lasciando ai genitori la libera scelta: trent’anni prima avrebbe probabilmente salvato la vita di Marco e Andrea e consentito un’esistenza serena, libera, non prigioniera ad Alberto.
Tutto comincia nel 1965 quando Marco, il primogenito, manifesta disturbi di una misteriosa malattia. Sintomi: difetti della parola, nistagmo oculare, tremori, risultati poi -secondo alcuni medici- correlati al Sabin. Muore nel 1971 a soli sei anni. Un anno prima era nato il secondo figlio, che non ha manifestato problemi. Sei anni dopo, la nascita di Alberto e Andrea, i gemelli che da subito presentano sintomi analoghi, di alterazioni da «immuno-depressione».
Del caso si interessano ben presto i giornali, tra cui L’Arena di Verona: addirittura, lancia un fondo di solidarietà per consentire alla famiglia di intraprendere cure costose, anche all’estero. E la campagna stampa porta i suoi frutti, attirando l’attenzione di tante persone influenti: i presidenti della Repubblica Pertini e Scalfaro, Enzo Ferrari, che segnala ai genitori una clinica di Houston, negli Usa, in cui potrebbero somministrare un farmaco risultato efficace in casi simili; Papa Wojtyla, che incontra in udienza l’intera famiglia; Rita Levi Montalcini, il premio Nobel per la Medicina, che offre il suo aiuto. Ma nulla sembra bastare.
Fra i due gemelli, il caso più grave è quello di Andrea: si spegne a quattro anni nel 1980, ricoverato d’urgenza per «deficit immunologico e per drammatico quadro di insufficienza respiratoria». Il gemello Alberto sopravvive, ma da cerebroleso. Vive tuttora in sedia a rotelle e attaccato al respiratore.
«Ora sono rimasto solo con mio fratello Alberto», spiega Luca che vive con la propria famiglia a Negrar, «ma non ci arrendiamo. Continueremo la nostra battaglia per avere un risarcimento da uno Stato che non vuole prendersi le proprie responsabilità. In questi anni, abbiamo ricevuto un indennizzo per i miei fratelli morti e per Alberto. Così, siamo riusciti a pagare l’assistenza domiciliare e un respiratore automatico. Ma la nostra battaglia continua: contro una sperimentazione di massa delle case farmaceutiche attraverso la vaccinazione obbligatoria, arrivando addirittura all’esclusione scolastica».
Nel 1995, dopo 25 anni di calvario, Tremante ottiene infatti la prova: la commissione medica ospedaliera riconosce la correlazione tra il «Sabin» e la morte dei figli. Così, in base alla legge 210 del 1992, spera -invano- di ottenere un risarcimento, che però non gli arriva, sino alla sentenza della Cassazione, che conferma il diniego.
Alois Walden Grassani