Vaccino: due fratelli morti, uno cerebroleso

Vaccino: due fratelli morti, uno cerebroleso

Oggi, 27 Luglio 2022, riproponiamo la LETTERA di Papà Giorgio Tremante a MATTARELLA e RENZI
del 2016

Senza voler mancare di rispetto a nessuno, tantomeno al Capo dello Stato e al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, vorrei porre una semplice domanda, anche a nome di mia moglie Franca, la quale, purtroppo, è volata lassù, preceduta dai nostri figli Marco e Andrea, per preparare un posto anche per me e per Alberto.

A causa della mia pluriennale esperienza negativa avuta con vaccini sui miei figli e con altre innumerevoli esperienze negative di altre famiglie italiane, da anni sto tentando di mettere in guardia tutta la popolazione italiana (e non solo) sui gravissimi rischi che comportano le pratiche vaccinali che solitamente vengono eseguite sulle nostre creature nei primi mesi di vita. Voglio porre così alle due più alte cariche dello Stato Italiano, vale a dire al Presidente della Repubbliac e al Presidente del Consiglio dei Ministri questa semplice domanda, come fossero anche loro  due comuni cittadini italiani:
Caro signor Mattarella e caro signor Renzi, se fosse capitato a voi quello che purtroppo è capitato anche a me, come vi sareste comportati verso il popolo italiano?
Avreste accettato passivamente questa disgrazia, cercando solo di dimenticare il dramma vissuto? O, visto il potere che ora detenete, quali alte cariche del nostro Stato, avreste tentato -come me- di mettere in  guardia i cittadini di questo Paese, allo scopo di evitare loro di dover vivere il dramma -poniamo il caso- capitato a voi ? 
Nella speranza di aver toccato il sentimento d’umanità insito nei vostri cuori, attendo con ansia una risposta. Rispettosamente,
Giorgio Alberto Tremante.

Non ha mai smesso di lottare contro le «vaccinazioni obbligatorie» (Legge n. 51 del 4 febbraio 1966) sino al 2017, quando, da tempo malato, si è spento. In Veneto, l’obbligo vaccinale antipolio è stato cancellato nel 2008, lasciando ai genitori la libera scelta: trent’anni prima avrebbe probabilmente salvato la vita di Marco e Andrea e consentito un’esistenza serena, libera, non prigioniera ad Alberto.

Tutto comincia nel 1965 quando Marco, il primogenito, manifesta disturbi di una misteriosa malattia. Sintomi: difetti della parola, nistagmo oculare, tremori, risultati poi -secondo alcuni medici- correlati al Sabin. Muore nel 1971 a soli sei anni. Un anno prima era nato il secondo figlio, che non ha manifestato problemi. Sei anni dopo, la nascita di Alberto e Andrea, i gemelli che da subito presentano sintomi analoghi, di alterazioni da «immuno-depressione».

Del caso si interessano ben presto i giornali, tra cui L’Arena di Verona: addirittura, lancia un fondo di solidarietà per consentire alla famiglia di intraprendere cure costose, anche all’estero. E la campagna stampa porta i suoi frutti, attirando l’attenzione di tante persone influenti: i presidenti della Repubblica Pertini e Scalfaro, Enzo Ferrari, che segnala ai genitori una clinica di Houston, negli Usa, in cui potrebbero somministrare un farmaco risultato efficace in casi simili; Papa Wojtyla, che incontra in udienza l’intera famiglia; Rita Levi Montalcini, il premio Nobel per la Medicina, che offre il suo aiuto. Ma nulla sembra bastare.

Fra i due gemelli, il caso più grave è quello di Andrea: si spegne a quattro anni nel 1980, ricoverato d’urgenza per «deficit immunologico e per drammatico quadro di insufficienza respiratoria». Il gemello Alberto sopravvive, ma da cerebroleso. Vive tuttora in sedia a rotelle e attaccato al respiratore.

«Ora sono rimasto solo con mio fratello Alberto», spiega Luca che vive con la propria famiglia a Negrar, «ma non ci arrendiamo. Continueremo la nostra battaglia per avere un risarcimento da uno Stato che non vuole prendersi le proprie responsabilitàIn questi anni, abbiamo ricevuto un indennizzo per i miei fratelli morti e per Alberto. Così, siamo riusciti a pagare l’assistenza domiciliare e un respiratore automatico. Ma la nostra battaglia continua: contro una sperimentazione di massa delle case farmaceutiche attraverso la vaccinazione obbligatoria, arrivando addirittura all’esclusione scolastica».

Nel 1995, dopo 25 anni di calvario, Tremante ottiene infatti la prova: la commissione medica ospedaliera riconosce la correlazione tra il «Sabin» e la morte dei figli. Così, in base alla legge 210 del 1992, spera -invano- di ottenere un risarcimento, che però non gli arriva, sino  alla sentenza della Cassazione, che  conferma il diniego.

                                                                Alois Walden Grassani

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