Joan Mirò: un Quadro sempre Nuovo

“In un quadro dobbiamo poter scoprire cose nuove ogni volta che lo vediamo, ma possiamo guardare un quadro per una settimana e non pensarci mai più; possiamo anche guardare un quadro per un secondo e pensarci per tutta la vita.”

“Un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni”: così il poeta Jacques Prévert descriveva Joan Mirò (1893 – 1983), artista catalano vissuto in una delle epoche più fervide della storia dell’arte. Figlio di un orologiaio, cominciò a tracciare i primi segni grafici all’età di 8 anni.

Figura semplice, estremamente creativa, dall’immaginazione emblematica, tanto che André Breton lo definì “il più surrealista tra i surrealisti”. Artista profondamente radicale e orientato alla sperimentazione estrema, utilizzava ogni tipo di materiale come base per i suoi lavori: 

“Per me, l’avete visto nel mio lavoro, ogni forma può generarne un’altra, bisogna che ogni opera sia una nuova nascita e ho potuto realizzarle quando sono stato liberato dalle cose che appesantivano il mio cammino, le idee preconcette, le idee acquisite. Per me un quadro deve essere come un insieme di fiammelle; è necessario che abbagli come la bellezza di una donna o di un poema”.

Miró ha intrecciato la sua vita con molti artisti dell’epoca, da Picasso a Hemingway, con cui condivideva la passione per il pugilato, a Duke Ellington, il quale gli dedicò persino un concerto nel 1966. Unico amore forte della sua vita è stato -però- solo uno: la moglie Pilar, donna dell’alta borghesia di Maiorca, sostenitrice e compagna fedele.

 

Mirò: un uomo, un verbo.
Nel nome, un presagio: Nomen Omen.
Un esercito di neuroni
geniali e organizzatissimi.
Scintille di Stelle.
Figure nelle figure.
Poeta che vede la vita.
Dentro una luce, una luce ancora.

                                   A.Walden G.

L’importanza della materia, resa attraverso la sperimentazione di materiali innovativi e la produzione di originali opere che spaziano dalla litografia all’acquaforte, dalla scultura alla pittura su carta e vetro, fanno di Miró un artista attento, visionario, allo stesso tempo concreto ed etereo.

“Sono come un giardiniere o come un vignaiolo: la mia arte matura lentamente. Il mio vocabolario di forme, ad esempio, non l’ho scoperto in un sol colpo. Si è formato quasi mio malgrado. Le cose seguono il loro corso naturale. Crescono, maturano. Bisogna fare innesti. Bisogna irrigare, come si fa con l’insalata. Maturano nel mio spirito.”

 

Arricurdà, rubrica a cura di Ester Giamberini

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