Che ne è di Gabriele Del Grande?

Sfogliando i giornali dell’aprile 2017, una delle notizie che forano la pagina, riguarda Gabriele Del Grande, giornalista e blogger italiano “detenuto” in Turchia, a Mugla.

Che ne è OGGI, di lui?

Il ministro degli Esteri italiano è Angelino Alfano. Il presidente turco è Recep Tayyip Erdogan.

Ma chi è questo Gabriele Del Grande?

Oggi quasi trentasettenne, di Lucca, Del Grande si è laureato a Bologna in Studi orientali. Reporter e giornalista, è fondatore dell’osservatorio Fortress Europe, che si occupa del tema della migrazione e dell’evoluzione del Mediterraneo, diventato a tutti gli effetti un cimitero marino per molti di coloro che cercano di penetrare la fortezza (Fortress) continentale europea. Del Grande quindi viaggia e racconta storie migranti: vivi e morti, adulti e bambini, nascituri e mamme.

Autore di libri, documentari e film, sale prepotentemente alla ribalta, poiché circa due anni fa il presidente turco Erdogan lo fa arrestare: il suo autoritarismo non può tollerare che un giovanotto occidentale se ne venga in Turchia, raccontando liberamente quel che vedono i suoi occhi democratici. Tutto questo, accentuato particolarmente dalla concomitanza del referendum attivato per cercare di ampliare la capacità autoritaria e coercitiva del presidente e delle forze a sua disposizione.

Primo comunicato Farnesina: “Il giornalista è stato fermato, in quanto si trovava in una zona del paese in cui non era consentito l’accesso”.

A Del Grande -dopo una decina di giorni di isolamento dal mondo- è stata infine concessa una telefonata alla compagna che è stata trascritta e pubblicata:

«Sto parlando, con quattro poliziotti che mi guardano e ascoltano. Mi hanno fermato al confine, e dopo avermi tenuto nel centro di identificazione e di espulsione di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento. I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo. Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio telefono e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato. La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito ripetuti interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta. Non mi è stato detto che le autorità italiane volevano mettersi in contatto con me. Da stasera entrerò in sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti».

In seguito a una campagna di mobilitazione in Italia e all’interessamento del ministro degli Esteri, il 24 aprile 2017 è stato liberato. Oggi, Del Grande vive e lavora liberamente come giornalista dei rifugiati.

Sempre più chiaro ed evidente l’infimo livello di libertà d’informazione in Turchia. La stretta è sempre più forte, giustificata nella mente del regime dai ricorrenti tentativi di golpe e attentati terroristici. Come sempre accade nei regimi autoritari, le vere e finte azioni di veri presunti elementi o gruppi, vengono utilizzati esattamente per giustificare azioni repressive al collo della società, limitandone i diritti sociali, giornalistici, culturali e politici.

La situazione è oggi ancor più dura, dopo la -pur risicata- vittoria referendaria di Aprile 2017: poteri quasi illimitati.
Attualmente possiamo riportare buone nuove su Del Grande, ma che ne è delle centinaia di giornalisti rinchiusi nelle prigioni turche? Che ne è della limitazione informativa conseguente? E sono migliaia le persone a cui è stata tolta la libertà, in conseguenza strumentale, come difesa del sistema, a seguito del fallito tentativo di golpe dello luglio 2016?

Sfogliando le pagine dei giornali e quelle della nostra memoria, risvegliando la memoria del lettore, ci si deve chiedere: che ne è di tutti questi esseri umani? Che ne è dei giornalisti? E quale lezione può e deve scaturire nei confronti del comune cittadino turco, non-turco, europeo?
Che cosa fa l’Europa al riguardo, soprattutto pensando alle pretese europeistiche della Turchia?? E come può l’Europa tollerare la mancanza delle più semplici libertà in terra turca?

Ancora oggi si perseguitano i curdi e vi si incarcerano siriani e li si recludono in campi di concentramento. Di più: che risponde l’Europa, quando si fa notare che tali campi sono finanziati dall’Europa?
Gabriele Del Grande era su terra cui non poteva avere accesso: perché?
Era in zona campi di concentramento

 

                                                                                                                        Alois Walden Grassani

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