Il 15 maggio 1886 moriva Emily Dickinson, una delle poetesse più apprezzate del XIX secolo. Nata nel 1830 a Amherst, Massachusetts, da una famiglia borghese, ricca, di tradizioni puritane, manifesta -sin dalla fanciullezza- un carattere contraddittorio e complesso. Amherst è una cittadina bostoniana, che abbiamo conosciuto e apprezzato. Il college che ci ha ospitato è estremamente gradevole.
Dunque dette i natali ad Emily, spirito ribelle, o libero, perciò ostile ai prevalenti e famigliari insegnamenti puritani. Il padre, noto avvocato, la costringe a lasciare la scuola superiore dopo appena un anno, preoccupato del potere deleterio della conoscenza sulla figlia. Emily lascia comunque volentieri il seminario femminile di Mount Holyoke, non senza aver dato scandalo nel non dichiararsi pubblicamente cristiana. Continuerà i suoi studi da autodidatta; l’attività preferita è la scrittura, anche solo lettere amichevoli, indizio di un sintomo, avvisaglia della poesia.
Trascorrerà una vita solitaria e appartata: reclusa volontaria nella sua semplice camera, si dedicherà con passione al poetare. Si nasconde nel paesello, dove nasce e muore. Nella sua stanza, con lei si nascondono anche le poesie, la sua vena, il talento naturale. Una vera reclusione che non tradirà neppure alla morte degli amati genitori.