Occhèi

Occhèi

Siamo letteralmente invasi da mitragliate di “OK”. Negli anni ’50 , dopo la guerra, Alberto Sordi, fanatico filo-americano nel film “Un giorno in pretura” comincia a parlare un finto americano, le cui uniche parole reali sono “OK boy”, pronunciato “occhèibboy”.

Vi è ogni giorno una quantità di termini esterogeni, anglogeni, che si incuneano sotto pelle all’italiano. Ed è anche normale.

Ciò che NON va assolutamente bene per la salute dei neuroni, per l’indipendenza mentale, è che si accetti sempre tutto, senza batter ciglio e senza chiedersi mai il perché di un evento, di una parola, né -tanto meno- il suo significato.

E’ bastato che Sordi facesse l’americano a Roma (pure titolo del film successivo a “Un giorno in pretura”), che i ragazzi presenti in sala se ne venissero fuori sborbottando “uanaganàp” e “occhéi”, dando la stura ad una celebrazione della cieca imitazione e della assoluta inconsapevolezza. Da Roma all’Italia, a macchia d’olio, seppure con tempi e modi differenti.

Oggi, passati più di 60 anni, Occhèi è la parola che più si è trasmessa verticalmente (di generazione in generazione) e orizzontalmente per passa cromo-linguismo  da ragazzino a ragazzina.

Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse, ripeto,  che alla base di tutto ciò  sia disteso il letto concimatore della piena inconsapevolezza, dell’automatismo, della meccanicità.

La diffusione e l’imperversare dell’Occhèi, hanno innegabilmente manifestato il loro decorso e la loro vittoria a partire dal periodo 1954. Un film italiano sulla pappagallizzazione delle pellicole americane ha acceso quella miccia. Poi molti film americani hanno invaso le sale cinematografiche, quindi le televisioni e le case italiane. Hanno apportato un ulteriore innesto di cultura americana, peraltro iniziato più di dieci anni prima, con lo sbarco americano in Sicilia. Con loro sono arrivate tante novità: il mito americano, la libertà americana, la sensazione di essere italicinferiori, i contratti post-bellici e le conseguenze economiche, lavorative; più minutamente è arrivata la musica americana, il ballo americano, gli idoli, la gomma americana, le sigarette, il latte in polvere. Insomma l’innesto è presto divenuto scimmiottamento. Intanto, la politica italiana si uniformava e si piegava. A fare da rompighiaccio tra “cultura “  americana e “cultura” italiana, che si voglia o no, è stata –geograficamente e fattivamente, la mafia sicula.

  A. W. Grassani

Translate »
Facebook
Instagram