Passiamo all’Italia. In questi anni lo stato ha risposto positivamente – secondo le tre modalità previste: status di rifugiato, protezione sussidiaria e umanitaria – a circa il 40% delle domande d’asilo. Negli anni il nostro paese ha accolto circa 131mila rifugiati (dato Unhcr giugno 2016).
Ma chiediamoci: quanti sono 131mila rifugiati sul totale della popolazione? L’“allarme invasione” è giustificato di fronte a questi numeri? Proviamo a confrontarli con quelli di altri stati europei.
Per esempio, in Svezia la popolazione è circa un sesto di quella italiana (10 milioni) e i rifugiati sono 186mila, ovvero il 50% in più che nel nostro paese. In Germania (82 milioni di abitanti) i rifugiati sono 478mila, quasi 4 volte quelli presenti in Italia.
E allora, sono molti o sono pochi coloro che hanno ricevuto protezione in questi anni?
131 mila su 60 milioni significa una proporzione del 2 per mille. Significa che per una cittadina di piccole dimensioni come Ivrea (To) che ha circa 24mila abitanti – se fosse rispettata la proporzione nazionale – sarebbero 46, in una come Avezzano (Aq) vivrebbero 90 rifugiati, in una città come Bologna sarebbero circa 800. Insomma, non proprio un’invasione.
Sufficiente come immagine? Ma proviamo a immaginarli tutti insieme questi 131 mila rifugiati che vivono in Italia. Prendiamo uno spazio di quelli usati per le grandi manifestazioni o i concerti. Ecco, tutti i rifugiati in Italia non riempirebbero neanche la metà del Circo Massimo a Roma che, secondo una stima, riuscirebbe al massimo a contenere 340 mila persone.
Cosa ci dicono questi confronti? Che malgrado la condizione di frontiera (ormai quasi unica) dell’Ue a sud, l’Italia ha una percentuale molto contenuta di rifugiati sul proprio territorio. Una percentuale che buone politiche di accoglienza e integrazione possono, senza difficoltà, trasformare da presunto problema in risorsa.
Rif: UNHCR
(Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati)