DOVE VANNO A FINIRE I PALLONCINI?

DOVE VANNO A FINIRE
I PALLONCINI?

Molti anni fa, un celebre artista italiano scriveva canzoni e sceneggiature sempre delicate ed importanti. Era Renato Rascel: un poeta, perché sapeva vedere dentro e al di là delle cose, degli eventi. La canzone “Dove andranno a finire i palloncini” è un cameo, un bonsai, come bonsai era il suo Autore.  Ma i palloncini di allora erano gentili, divertiti e divertenti, non correvano veloci verso isole di spazzatura spaziale! E non andavano ad accumularsi ancora a tonnellate quotidiane, indistruttibili figli della chimica moderna!

Come si sentirà il Renato nazionale, vedendo da lassù le discariche spaziali, ricolme di bidoni radioattivi? Che dirà la sua inconfondibile vocina, giacché i suoi occhi vedono come è ridotto il mondo? I nuovi palloncini -come i suoi- non arrivano al cielo, ma scoppiano ai piedi degli dei, ricadendo nel mare, nei boschi, sullle spiagge, in compagnia di coca cola e relative bottiglie, contenitori di acido muriatico, rifiuti tossici, sacchetti di plastica, guanti  trasparenti in cui si infilano i pesciolini.

Palloncini, con tante altre delizie del mondo di plastica e veleni assortiti. Qualche sprovveduto uccello, forse un gabbiano, forse una sula dalle zampe blu, scambia il morbido rosso per uno straccetto di sgombro: lo ingoia e ne rimane immediatamente soffocato.

Dunque, i palloncini che si librano verso l’alto, in realtà non volano verso il cielo, ma finiscono una breve vita, scoppiano e vanno nel mare, nei boschi, sulle spiagge: cibo per animali marini e silvestri.

I palloncini “tradizionali” impiegano più di 6 mesi a biodegradarsi.

Quelli con componenti metalliche addirittura sfuggono alla conoscenza e alla statistica: non si sa quanto tempo impieghino a biodegradarsi!

Oggi l’Australia, il Regno Unito hanno proibito quello che sembrava un innocente svago dei garruli fanciulli. Sul loro esempio, si sono accodati Usa e Canada. Cieli sempre più vietati: dopo i droni, tocca ai palloncini. 

In Italia, il Comune apripista è  Maruggio (Taranto), nel Salento. Certo, anche questo fa illividire e allibire, se si pensa che Taranto è da 40 anni la città più inquinata ed ammalata del mondo, con alcune tra le peggiori polveri esistenti e tassi altissimi di malattia e di mortalità. Solo in tempi abbastanza recenti è stata appaiata da Pechino, grazie all’industrializzazione cinese.   Taranto, che attende solo l’inaugurazione di una via senza pietre o asfalto, ammantata di polveri storiche, in cui industriali e manager, politici e mafiosi vadano ad imprimere le loro impronte, in questa macabra Hollywood della rovina terrestre.

       A.W.Grassani.

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