ANCORA UN RANGER ABBATTUTO… DOV’È L’INDIGNAZIONE DEL MONDO?

ANCORA UN RANGER ABBATTUTO...

Un altro giorno, un altro ranger della fauna selvatica morto. E’ un oltraggio e uno scandalo.

Ma non vi è sufficiente indignazione!

Ogni anno, più di 100 rangers della fauna selvatica vengono uccisi mentre compiono il loro dovere. Perché ricevono così poco supporto? E dov’è l’indignazione?

  Sean Willmore

Fondatore, direttore de Thin Green Line Found., presidente de International Ranger Federation

Pire d’avorio sono date alle fiamme nel Parco Nazionale di Nairobi, per scoraggiare il commercio dell’avorio.

E’ l’inizio dell’anno. Un ranger del Kenya Wildlife Service fa la guardia.

Mentre sediamo accanto al fuoco, Gervais, ranger delle foreste del Malawi, lentamente si tira indietro i capelli per mostrare una cicatrice di 20 cm: un colpo di machete che quasi lo uccise.

Bracconieri, mi dice.

... DOV'É L'INDIGNAZIONE DEL MONDO?

Ero ad una conferenza internazionale dei rangers, tenutasi 15 anni fa in un parco nazionale sulla punta meridionale dell’Australia continentale. Un altro ranger, Jobogo Mirindi della Repubblica Democratica del Congo (RDC), mi ha mostrato una foto scattata cinque anni prima. La squadra era composta da una trentina di colleghi. Sorridenti. I visi di sei guardie erano cerchiate di rosso; quelli erano gli unici ancora vivi, dopo vari attacchi dei bracconieri…

Ero scioccato. Come potevo non sapere quale violenza così estrema minacciava e colpiva i miei colleghi e amici in tutto il mondo? Come ranger io stesso, sapevo che proteggere la fauna selvatica poteva essere pericoloso, ma non avevo idea di quanto fosse letale la loro situazione. Questa era una guerra.

Da quel momento cruciale, ho lavorato con ranger di sei continenti attraverso la Thin Green Line Foundation, che supporta questi coraggiosi uomini, donne e le loro famiglie. Sono costantemente ispirato dal loro umorismo, dedizione e umiltà.

Sono anche venuto a sapere che due, tre rangers muoiono ogni settimana, nella linea del dovere. Tre anni fa, 112 hanno pagato il prezzo massimo; nell’ultimo decennio, più di 1.000. Circa il 65-70% di coloro che muoiono viene assassinato dai bracconieri che cercano di rubare il nostro patrimonio collettivo.

Ho visto troppe relazioni e immagini di ranger uccisi. In una certa misura, ho dovuto spegnere il fuoco emozionale che mi bruciava dentro ogni volta. Ma ogni tanto mi ritrovo a piangere silenziosamente. A volte succede a qualcuno con cui ho lavorato, o che addirittura mi ha salvato dagli attacchi dei bracconieri o della milizia: un debito che non potrò mai ripagare.

Nella RDC, nel 2008, un ranger di nome Venant Mumbere Muvesevese e 15 dei suoi colleghi mi hanno guidato fuori da un’imboscata: cinque miliziani avevano aspettato il mio veicolo. Appena due settimane dopo aver lasciato il parco, le stesse milizie, ora 50 in numero, hanno fermato un veicolo sulla strada per il mercato. Trasportava 20 persone, compresi i rangers e le loro famiglie. Non vi furono richieste e domande: subito hanno aperto il fuoco su tutti, ferendo molti e uccidendo la moglie e la figlia di un ranger. Quest’anno, lo stesso Venant è stato ucciso da ribelli armati.

Proteggere la fauna selvatica non consiste più solo nel fermare il bracconaggio da parte dei poveri paesani locali. Si stima che il crimine illegale di fauna selvatica valga più di 20 miliardi di dollari all’anno, classificato -nella catena del valore criminale- solo dietro la droga, le armi e il traffico di esseri umani. I rangers affrontano bande criminali ben organizzate e milizie armate incallite. I gruppi ribelli usano spesso il bracconaggio come mezzo per finanziare le loro operazioni. Ora stiamo vedendo rapporti che equiparano i bracconieri ai gruppi terroristici.

Ma il bracconaggio della fauna selvatica non è l’unica minaccia per i rangers. Quando Mohammed Akram, un ranger di comunità nelle montagne del Pakistan, ha affrontato bracconieri di legname, gli è stata offerta la mazzetta pari  a metà del suo stipendio annuale per scomparire e lasciarli al lavoro. Akram rifiutò e disse ai bracconieri che non si trattava di denaro, ma del suo dovere di proteggere la sua foresta. Gli hanno sparato sei volte con i loro AK47 e -non avendolo ancora ucciso- lo hanno decapitato.

Questo uomo d’onore, questo umile ranger, che viveva in una tenda con la sua famiglia, ha dato la vita per la conservazione. Questo dovrebbe scioccarti e non ti biasimo se tu volessi smettere di leggere ora. Ma per favore onora questi ranger ascoltando le loro storie.

Esnart era un ranger dello Zambia. Mentre lei e il suo collega hanno arrestato due bracconieri, subito sono stati sopraffatti da un cecchino nascosto tra i cespugli. Il suo compagno ranger è stato colpito con un machete di fronte a lei. Esnart corse, ma i bracconieri la inseguirono e uccisero. Ha lasciato cinque figli, di età compresa fra i tre e i 15 anni.

Venant, Mohammed, Esnart: Sospetto che tutto ciò sia abbastanza tragico per un articolo. Ma ogni settimana, più rangers muoiono, facendo un lavoro che il resto del mondo vuole e si aspetta che facciano: proteggere la nostra fauna selvatica e i nostri posti selvaggi più preziosi.

Proprio questa settimana ho ricevuto un’altra email con le immagini di un ranger ucciso mentre faceva parte di una pattuglia anti-bracconaggio in Camerun. RIP Ranger Ngongo. Sosterremo la tua famiglia.

La notizia di questi sacrifici merita la nostra attenzione. Ci sono anche tante storie ispiratrici: i rangers e la loro lotta. Eppure, sia il bene che il male passano quasi completamente non denunciati dai media occidentali.

Salvare gli elefanti africani non è solo un “lavoro da uomo bianco“.

Sicuramente, se un Paese perdesse in combattimento 100 suoi soldati, ogni anno, parleremmo di guerra e lo riporteremmo come tale. Questa è una guerra a protezione della natura, guerra combattuta silenziosamente da uomini, donne che non hanno risorse sufficienti, sono sotto-addestrati e sotto-equipaggiati.

Questi guerrieri instancabili mettono le loro vite in pericolo per difendere questo pianeta ogni giorno.

È giunto il momento di stare con loro e di dare loro il sostegno, il riconoscimento e il rispetto che meritano.

Lottano per conto di tutti noi.

Sean Willmore
Fondatore, Direttore de “Thin Green Line Foundation 
Presidente della International Ranger Federation

Tratto da “The Guardian”

Per sostenere i Rangers e le loro Famiglie, è possibile visitare il sito Web “Thin Green Line Foundation

 
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