Cieche tradizioni di morte

Cieche tradizioni di morte

Ecco un altro segno che viene da lontano: lontano nel tempo, quel TEMPO che marca -convenzionalmente- la vita del Pianeta. Talora da vicino, talaltra da lontano nello spazio; comunque, in ognuno dei casi, da Paesi e “IN-civiltà” lontane.

Fino a poco tempo fa, c’era una scarsa conoscenza della sessualità: persino la medicina non sapeva bene neppure come nascesse un bambino. Il mistero della donna, della sua fertilità, della procreazione, le sfumature della sua espressione erano un vero enigma per uomini privi di quelle sfumature, di quelle sensibilità.
L’uomo era uomo, la donna… donna. Ed oggi che si sono rotti i legacci col passato, i cerchi protettivi delle nazioni, vediamo ergersi ed abbattersi muri, statue, iconografie: così per il mondo esterno, come pure in quello interiore. Sul finire degli anni ’70, molti giovani si mettevano in ricerca delle conoscenze, studiavano Fritjof Capra, Freud e Jung, Bertrand Russell, Marx e Gandhi e tanto altro. Ma cercavano anche giovani ricercatori quali Furio Colombo e Umberto Eco; o come Masters e Johnson, che scrivevano quiete e scientifiche pagine sul sistema del sesso.

                                  Carl Gustav Jung

Alcuni Paesi si mantennero ben al di qua della rivoluzione interiore, della rivoluzione sociale, della rivoluzione sessuale. E mantennero invece vive le tradizioni radicate nei secoli. Talora questo si svelò come un bene straordinario e come conservazione di vere culle del sapere e del rispetto della vita.
Ma in alcune zone d’ombra del vivere umano, ciò si tradusse in una vera stagionatura e rinsecchimento di abitudini che fatalmente colpivano donne e bambine. La coincidenza dell’essere bambine -quindi donne in rapida, breve proiezione futura- diventava una vera tragedia, perdurante nel tempo.
Tutto era pronto. Sin dalla nascita, si sapeva che cosa sarebbe successo.
C’era sempre e ancora nell’aria la vibrazione che preparava riti ancestrali, vissuti come sacrali (dagli adulti) ma come infernali (dalle bambine). 

Ma lasciamoci trasportare per un attimo, oltre la porta del tempo e dello spazio.
Al di là della soglia, incontriamo un bambino. Cresciuto all’ombra del monte Toc, tra Pordenone e Belluno, per anni giocava con le pigne. I gusci delle nocciole di montagna e le cortecce degli alberi divenivano giganteschi velieri destinati a solcare i mari della fantasia. E giocava -assieme agli amici coetanei- con il maialino di famiglia.

Gli dava un nome, come gli adulti fanno con i bimbi umani. Assieme ai suoi amici, giocavano a rincorrersi, a rotolarsi nei prati. Gli si affezionava e gli voleva bene come ad un fratellino. Poi, un brutto giorno, si capiva che era cambiato il vento. Gli adulti sfoderavano bagliori e luccichii metallici, mentre i bimbi del monte Toc salutavano affettuosamente il maialino dal nome umano. Lo salutavano in modo particolarmente tenero. Lui -Mauro, così lo chiameremo in questa fine straziante del racconto- era felice, giocava come sempre, del resto. Scodinzolava come un Jack Russell, si preparava ad inventare nuovi giochi. Ma il vento era proprio cambiato. E tutti lo stringevano al petto, gli aprivano le braccia (sì: braccia). Poi, qualcuno lo appoggiava sul tavolo della cucina : un nuovo gioco? Mauro sorrideva, i bambini si erano allontanati. Ma non abbastanza da non udire -di lì a poco- grida strazianti del loro Mauro, che intanto non riusciva a capacitarsi di cosa stesse accadendo e del come fossero cambiate le espressioni, gli sguardi, i gesti degli “amici più adulti”. In un grappolo di minuti era tutto finito, nel silenzio e nel tiepido odore di sangue dilagante.

Volando sull’aquilone che solo i bambini sanno guidare, ci rechiamo in un Paese lontano, meraviglioso, dove vive un’allegra bimba. Meravigliose sono le zone impervie dell’Indonesia, dove più aleggia il ricordo, dove più è interrata la radice del pensiero collettivo: la radice della tradizione.
Lei è solo una bimba. E sorride come Mauro del monte Toc. La crescono, la carezzano, preparano per lei la dote, perché -prima o poi- si sposerà. Giocano con lei, le danno la più adatta istruzione. Lei crede -giustamente- di essere protetta e serena. Così va e funziona, nel bellissimo, lussureggiante entroterra verde. Così va e funziona, sino ad un’età predestinata. Arriva infatti un giorno in cui si preannuncia una festa: la festa della maturità delle bimbe dei villaggi fra loro vicini. Ed è un giorno in cui per loro, collettivamente ed individualmente, cambia il vento. Come per Mauro del monte Toc. Per le bimbe dell’entroterra di Bali, non sarà un cambio perentorio e finale, ma provocherà certamente un tragico rivolgimento, che si trasformerà in dramma quotidiano e duraturo.              Alois Walden Grassani
                      (continua)

Sei solo una bambina e non capisci bene quello che sta per succederti.
Qualcuno ti lega le gambe, ti sciacquano con acqua calda e sei pronta per essere tagliata. 
La sofferenza è indicibile. 
Ci vogliono settimane a guarire, se non ci sono infezioni.
Da quel giorno in poi avrai terribili dolori lancinanti ogni volta che avrai le mestruazioni, ogni volta che ci saranno rapporti sessuali, ogni volta che partorirai, rischiando la vita”.

È l’orrore delle mutilazioni genitali femminili.

Ben 200 milioni di ragazze e donne in 30 paesi (ma i rapporti di polizia parlano di poche denunce, condanne: decine o -massimo- centinaia…) han sofferto d’una qualche mutilazione genitale.       
                                                      (Roberta Ragni/ Greenme.it)  
 (continua)

Translate »
Facebook
Instagram