Saluto romano: si può, durante le commemorazioni

Saluto romano: si può, durante le commemorazioni

Quindi si può e si ha il diritto di commemorare

Bene. Il saluto romano nelle commemorazioni non è reato, ma “solo manifestazione  di pensiero”. Lo ha stabilito il Tribunale di  Milano, nello scorso Febbraio. Vediamo i fatti.
24 aprile 2016, commemorazione per i caduti della Repubblica sociale italiana al Campo X del cimitero Maggiore di Milano. Tre giovani avevano urlato il saluto nazista, “Sieg Heil“. Tradizionalmente, il lanciatore grida “SIEG” (VITTORIA); il popolo risponde “HEIL” (SALUTO). Non è un sommesso rosario di preghiera o di ricordo. E’ un grido guerriero. Comunque, è dichiaratamente SALUTO NAZISTA.

Se si va per logica, si può giustificare, dimostrare tutto e il suo contrario.
La logica è stata una parte della filosofia, legata al LOGOS = parola, verbo, pensiero, idea, ragione. Nel tempo, la LOGICA ha cambiato la sua “fisiologia”. Per lo più, ai giorni nostri, la logica è significativa di ragionamento, rigore ed esattezza di ragionamento, coerenza nel discorso. In realtà, è un’arma dialettica che viene usata da soggetti –i più diversi- per rafforzare un pensiero pre-esistente. In pratica: ho un’idea che voglio e debbo sostenere e –utilizzando stringenti processi logici- ne dimostro la veridicità. In realtà, sto attuando un vero e proprio processo ipnotico, talora illusionistico e dimostro qualcosa sulla quale appiattisco i miei processi logici: ho una buona capacità in tal senso e ne approfitto per piegare e calamitare la mente di persone che non hanno una simile abilità e attitudine. Posso dimostrare che Hitler è un criminale lucido, un folle megalomane, oppure un angelo di giustizia. Funziona con singoli, ma ancor più con la massa. Ne sanno qualcosa le persone più diverse, da Sgarbi a Rajneesh (Osho) per citarne solo due, fra loro così diverse, vicine, lontane ed uguali.

Nel caso del saluto romano, la sentenza scioglie parte dei nodi  con cui si era legato o silenziato parzialmente il fascismo. E lo si fa con una  serie di processi logici. Ora, pur non avendo motivo di dubitare della buona fede della giudice, d.ssa Maria Angela Vita, facciamo molta fatica ad accettare l’idea che vi sia una scissione fra saluto romano come simbolo fascista da una parte e comportamento fascista dall’altra. Il saluto fascista è parte integrante di una mentalità, di una personalità individuale e di gruppo.

E’ una specie di grimaldello, utilizzato per riconquistare spazi nelle stanze del fascismo comportamentale, singolo e molteplice.

E’ vero che la libertà di pensiero è garantita dalla Costituzione, ma altrettanto vero è che l’apologia di fascismo è semplicemente considerata un reato, secondo Costituzione e secondo l’art. 4 della legge Scelba del 1952, attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione.


I simboli fascisti e nazionalsocialisti sono stati ostentati all’interno di un contesto commemorativo e non di un attentato concreto alla tenuta dell’ordine democratico. Come tali, pertanto, sono privi di quell’offensività concreta vietata dalla legge. Precisiamo che questo corsivo  ci riporta parole estratte dalla sentenza della giudice Maria Angela Vita. La stessa giudice ha sottolineato che “il fatto non sussiste”. Questa terminologia è stata utilizzata –al momento di legiferare- sostituendo la vecchia “insufficienza di prove”. In lingua italiana “il fatto non sussiste” significa che non esiste. Il cittadino stesso percepisce che “il fatto non è stato commesso”.
Nel linguaggio giuridico, invece, significa che “il fatto non è stato sufficientemente provato”. Ora, il legislatore, il politico che legifera e coloro che approvano o meno una legge, faranno bene a spiegarsi chiaramente e a non confondere le idee al cittadino, al comune cittadino. Ma si sa che chi molto studia sui libri e –ancor più- chi si lancia nella politica, generalmente preferisce bearsi delle parole che dice o scrive. Preferisce godere del potere –evidente o nascosto- di cui egli stesso le adorna. Devo dire che la “vecchia” insufficienza di prove era molto più chiara ed onesta.

E ancora, dalla sentenza della Cassazione: ”La manifestazione di carattere fascista era rivolta ai defunti, in segno di umana pietà, senza alcuna finalità di restaurazione fascista e nazionalsocialista”. Devo dire che trovo sorprendente questa capacità della giudice di addentrarsi nella psicologia e nella presunta buona fede di fascisti urlanti.

La sentenza si pone in continuità con quella analoga del 2018  (tribunale di Cagliari, giudice Nespoli). Insomma: l’apologia di fascismo non è più un reato, mancando il presupposto del pericolo reale del ritorno del fascismo. Pericolo che, quando è stata scritta la costituzione, era vero. Quindi, impedire gesti, canzoni e simboli del ventennio poteva avere un senso.  Oggi non più.  Su questa scia, si stanno lanciando organi di stampa “di settore”, blogs e coloro i quali soffrono di nostalgie che inducono a fare pericolosi passi indietro. Va fatta un’osservazione: a tutti questi illuminati (giudici, politici, intellettuali, giornalisti, ma anche cittadini “semplici”) non viene in mente che, se non vi è un reale pericolo di un ritorno al fascismo (ammesso che ciò sia vero), lo si deve ANCHE a quanto fatto sino ad oggi grazie alla Costituzione, alla legiferazione? E non viene in mente che gli attacchi culturali degli ultimi 50 anni ci mettono nuovamente in pericolo? E che la situazione è talmente in precario equilibrio culturale, da far anche pensare al peggio

Entrando ancor più nel merito e considerando la mentalità di coloro che coltivano fanatismi ideologici e dittatoriali, dobbiamo dunque attendere che vi siano atti terroristici o violentemente fascisti? Eppure abbiamo già avuto esperienze in merito! E vediamo quotidianamente conquiste ideologiche, verbali, politiche, fattuali e sociali, da parte dei vari lotti fascisti, sin qui abbondantemente sdoganati. La conclusione in merito, dunque è: non vi è alcuna necessità che la magistratura –di fatto, seppure involontariamente- incoraggi e rinfocoli simili atteggiamenti.
Contrariamente, ci vien da pensare che, in occasione di un incontro commemorativo delle vittime dei rituali del cannibalismo (in ambito universitario di antropologia culturale), saremo tutti autorizzati a danze ed inni tipici delle tribù e della mentalità di Jean Bedel Bokassa, dittatore militare centrafricano, presidente della Repubblica Centrafricana e poi imperatore dell’Impero Centrafricano, noto per i suoi rituali cannibalistici.

Ora, tornando al fascismo, sempre più evocato e spesso sdoganato, ci aspettiamo che –organizzati o spontaneistici- riemergano incoraggiamenti didattici, scolastici della rivalutazione storica del fascismo, come se già la stampa non operasse in tal senso. Come se già il qualunquismo stesso non facesse sufficienti danni…
E siamo in un periodo estremamente delicato, in cui l’imprenditoria e la cultura televisiva di un certo tipo hanno già sferrato zampate e provocato ferite profonde e clamorose alla cultura di massa. Alla fine, siamo stati una minoranza, ma con la buona compagnia di Sartori, Pasolini, Fellini, Furio Colombo, Umberto Eco, Dario Fo, e altri ancora; e abbiamo dovuto subire il sopravanzare televisivo subculturale, pubblicitario, mafioso, dagli anni ’70 in poi. E ora ne stiamo pagando le conseguenze: culturali, economiche, politiche. Non abbiamo nessun bisogno che alcuni giudici  –involontariamente, inconsapevolmente, in buona fede- “coccolino” il nazifascismo, la sua cultura e i suoi lividi virgulti.

Alois Walden Grassani

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